Solo coloro che sono abbastanza folli da voler cambiare il mondo …lo cambiano davvero!Just another WordPress.com site

GENERAZIONE Z

“Non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”, Victor Hugo

Siamo abituati a captare storie di persone già adulte che hanno realizzato il loro sogno nella vita, ma non accade nel caso di testimoni giovani che si sono distinti nei diversi ambiti dello scibile umano. Le storie di eccellenza di giovani testimoni spesso restano invisibili e sconosciute. Per lo più  non sono interessanti, se non per alcuni addetti ai lavori o ricercatori/ricercatrici di storie come la sottoscritta.

Ad esempio,  ho avuto personalmente modo di conoscere Ginevra Costantini Negri , giovane e talentuosissima pianista italiana che nel 2019  la rivista Forbes ha indicata tra i 100 under 30 italiani innovatori e leader del futuro per il proprio settore (5 per la musica). 

Per lavoro e da molti anni , in qualità di insegnante  passo le mie giornate in prevalenza con adolescenti , giovani studentesse e studenti che incontro nella mia quotidianità.

C’è un malessere diffuso che riguarda i nostri giovani e oltre i dati statistici, seppur importanti, questo ci deve interrogare tutti.

Ricordo ancora un convegno su “I giovani e la speranza nel futuro” voluto dalla Associazione  Italia Adozioni  che seguii, un anno fa circa, e   le parole del Dr. Alessandro Albizzati, noto neuropsichiatra e primario del reparto di neuropsichiatria al San Paolo di Milano, quando ha riferito che il suo reparto di medicina psichiatrica ,  è da un anno che si riempie di ragazzi che vogliono morire .  Parole molto forti che mi hanno risuonato e continuano ancora a farlo.

Così come queldato molto significativo , emerso dai risultati di un questionario distribuito nelle scuole superiori di Milano e Provincia per incoraggiare i giovani a reagire, ossia  che solo 1 ragazzo su 4 , a Milano, non sa a chi chiedere aiuto e in questo caso la parola che meglio definisce questo fenomeno è SILENZIO, certamente un “silenzio” che urla e grida .

Il silenzio non significa “stare bene”.

La Scuola è senz’altro un luogo importante in quanto è tra le cause principali di questo malessere ed è quello che è emerso dal questionario (400 questionari nelle scuole superiori di Milano e Provincia) .

La Scuola che genera paura e non è più vissuta come luogo di conforto.

Cosa dovremmo fare noi adulti per fare in modo che le nostre ragazze e i nostri ragazzi stiano meglio?

Sono diverse e tante le difficoltà che in questi anni più recenti raccolgo dai ragazzi e dalle loro famiglie e ho compreso che per i nostri giovani c’è bisogno di ascolto, di fiducia e di adulti credibili.

L’ascolto, libero da ogni pregiudizio,  è fondamentale perché consente di mettersi in sintonia con chi ci parla e i giovani hanno tanto bisogno di essere ascoltati per quanto riguarda le loro paure , le loro difficoltà e i loro sogni.

Ascoltandoli si capisce la loro richiesta di fiducia e di credibilità negli adulti .

E’ importante creare delle alternative in cui i ragazzi siano protagonisti , Penso a spazi in cui loro possano fare la differenza ed il messaggio quasi a modi slogan potrebbe essere proprio questo “tirare fuori da sé qualcosa di positivo”.

Penso alla musica , all’arte ad esempio sulla diversità per combattere il bullismo; tutto può essere una risorsa anche la DIVERSITA’, attraverso il linguaggio universale della musica e della danza

(vd. progetto SBULLI  del Liceo Coreutico Tito Livio di Milano);  oppure il mettersi in gioco . se si sta in compagnia si sta meglio,  si fa qualcosa di bello (progetto RADIO CONTROLUCE , radio web nata durante la pandemia da tre ragazzi di un liceo di Ancona e grazie ad un bando che ha permesso di acquistare la strumentazione e quello che era utile per fare radio); e ancora il lavorare   sulla propria sensibilità ed è la cosa più bella che  i ragazzi hanno (CRISTINA IANNIBELLI e la sua storia sulla pelle che ha raccontato della sua storia di adozione e della scelta di tatuarsi come un atto carico di simbolismo).

Tante sono le storie, incontrate e cercate,  di giovani che  uscendo dal loro malessere e da un inciampo , con le loro testimonianze fantastiche,  hanno trasformato un loro quasi lutto e dolore in qualcosa di positivo che dà speranza per il futuro.

Giovani che parlano ai giovani di tanti aspetti che riguardano la salute mentale , di bullismo ma anche di benessere e di sogni da realizzare.

Il malessere ed il disagio diffuso dei giovani riguarda tutti , per questo come adulti di riferimento e società dovremmo continuare a  cercare buone idee, buoni esempi di chi lotta e di buone notizie.

Bisogna dare spazio ai giovani , permettere loro di crescere , di sbagliare e di superarci .

Bisogna lasciare che i giovani vedano il mondo con i loro occhi .

Premetto che credo molto negli approcci intergenerazionali , laddove ci sia la staffetta tra generazioni diverse e nel passaggio del testimone da una generazione all’altra , in progetti comuni e in luoghi in cui potersi incontrare tra generazioni diverse , dalle più giovani alle più grandi .

I giovani oggi hanno compreso prima di tutti che prendersi cura dell’Ambiente in cui viviamo, vuol dire prendersi cura gli uni degli altri per poter far sopravvivere la nostra specie in un futuro lontano.

Questo è un grande punto di forza che i giovani sanno esprimere , ossia la loro passione e lotta sulla questione dell’enorme problema ambientale che ci riguarda tutti.

La prima immagine che mi appare è senz’altro quella di Greta Thunberg e il suo movimento ambientalista e la sua frase scolpita nella mia memoria “…ho imparato che non si è mai troppo piccoli per riuscire a fare la differenza”, così parlò Greta Thunberg durante il suo discorso per il clima alla COP 24 di Katowice, in Polonia.

Un altro punto di forza di queste nuove generazioni , sotto gli occhi di tutti , è senz’altro la loro competenza come nativi digitali .

Mi occupo da diversi anni di realizzare laboratori filmici per giovani, ma non solo, nelle scuole,  per associazioni e amministrazioni del territorio ,  in cui portare avanti un discorso di sensibilizzazione emotivo-sentimentale che abbia ricadute in spazi di parola e di riflessione, soprattutto in ambito di pacificazione delle relazioni.

Il periodo del Covid ci ha insegnato , ad esempio , che le nuove tecnologie ci hanno saputo supportare , mantenendo saldo anche il tessuto sociale e le relazioni , ugualmente abbiamo sperimentato che i Social, il digitale, il virtuale,  non sono sufficienti senza  la “presenza” , senza quella che possiamo definire “sostenibilità sociale” fatta di corpi, di incontro e di scambio reale.

Come ho raccontato mi è capitato di partecipare, non molto tempo fa,  ad un progetto intergenerazionale noto come  Progetto DIGITOL  e i suoi Protagonisti , ossia  Tre Gruppi intergenerazionali che hanno realizzato diverse azioni pilota aventi come  focus quello di  sensibilizzare alla Cultura Digitale, nelle sue tante sfaccettature del contemporaneo, così come sensibilizzare all’utilizzo e alla decodifica di ciò che viene comunicato sul Web e nei diversi ambienti digitalizzati.

Ho preso parte a questo progetto , rispondendo ad un bando del Consorzio Comunità Brianza,  e ho iniziato un percorso di conoscenza e di formazione sulla Cultura digitale che ha decisamente migliorato la mia consapevolezza sul tema .

Insieme a persone di età diversa, young ambassador di Digitol e over 55 come me, siamo riusciti a realizzare un Festival di educazione digitale.

In questo Festival  ho potuto ritrovarmi ad esempio nello sviluppare un percorso filmico che fosse in linea con le aspettative del progetto nel suo insieme.

La sensibilità ambientalista e la conoscenza del digitale sono a mio avviso i più significativi punti di forza delle nuove generazioni , laddove espresse nella maniera positiva e costruttiva e credo che proprio su queste  leve si possano creare azioni importanti nell’ottica posta dalla seconda  domanda ossia del “ lavorare, per offrire loro una vita serena e migliore”, ma aggiungo anche per una vita migliore per tutti e per l’intera società .

Poi se volessi pensare anche a qualcosa che fa parte un po’ di qualche riscontro più intimo che ho raccolto nei miei colloqui con i miei ragazzi e ragazze di recente è  senz’altro l’importanza nel non sentirsi sempre giudicati , sempre  messi sotto la lente di osservazione ingrandita ed in negativo, con pre-giudizio , qualcosa che affossi ogni buona loro intenzione.  In questo senso un loro “punto di forza” è proprio nell’esprimere con schiettezza ciò che non consenta loro di crescere, di emanciparsi da una situazione che in qualche modo li abbia già “etichettati” senza dare loro la possibilità di sorprenderci e di scoprirli nei loro talenti. In fondo,  questo è quello che ci chiedono i giovani , anche nei modi che non sempre noi adulti comprendiamo perché non sappiamo metterci in loro ascolto e non sappiamo metterci in discussione così come non accettiamo quel passaggio fondamentale del farci superare dai giovani.

Infine, mi fa piacere ricordare questa frase dello scrittore francese Victor Hugo :  

“Non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori”. E’ chiaro che  da queste parole potenti emerge il dito puntato verso gli adulti, i “cattivi coltivatori” , in una restituzione morale che pone molte domande più che la ricerca di risposte .

Non finiamo di porci sempre domande, in ogni questione e ambito, ma soprattutto in ambito educativo…….

Stefania Cavallo

9 aprile 2024

La grande onda veicola un significato simbolico e spirituale. Si può interpretare come una contrapposizione tra la forza della natura che incombe sulla fragile umanità, che ricorre anche in numerose opere proprie dell’epoca del Romanticismo occidentale

Libri come lenimento della vita, dei nostri disagi esistenziali. I libri come medicine, farmaci che aiutano a vivere 🌺

In questi giorni di vacanza natalizia dalla scuola, mi sono ascoltata un intervento di Alessandro Baricco su questa nota opera giapponese a firma di Hokusai (vd. foto dal web) .

Sullo sfondo si può notare il Monte Fuji , infatti questo dipinto fa parte della raccolta delle 36 vedute del Monte Fuji.

Bellissima l’idea di Baricco che in ogni libro in qualche modo si trovi un po’ di sé , una sorta di Monte Fuji, anche molto piccolo , come in questo dipinto.

In questo intervento , in una nota manifestazione di libri denominata “Più Libri” del 2022, Baricco spiega cosa ha significato per lui , sin da piccolo, la prima esperienza di lettura di un libro , e tutte le successive sino ad oggi, e ha evocato alcune immagini prese dalla cultura giapponese, tra cui proprio questa nota immagine del dipinto che oggi propongo (terza immagine evocata) .

Davvero una bellissima associazione e spiegazione quella di Baricco , oltre a far conoscere alcuni aspetti di questa cultura orientale e della sua arte che non conoscevo, come il “cubo dell’arciere” (prima immagine evocata) che Baricco associa sempre al piacere della lettura e di cosa significhi per lui trovarsi e ritrovarsi con un libro.

Ecco il link del video per ascoltare le parole del bravissimo scrittore, da ascoltare : https://www.youtube.com/live/l943xCUUwLc?si=aUebB9fCyMCNRlH8

In questo intervento, come seconda immagine evocata, parla anche di un romanzo giapponese dal titolo “La casa delle belle addormentate” di Kawabata Yasunari, libro che ha ispirato un altro testo però di Gabriel García Márquez ossia “Memorie delle puttane tristi”. Anche in questo caso , le parole di Baricco sono molto interessanti per il suo collegamento al piacere della lettura di un libro.

Consiglio di ascoltare anche il seguente e recente podcast :

https://www.ilpost.it/episodes/podcasts/wild-baricco-podcast/

Wild Baricco è una conversazione di oltre due ore con Alessandro Baricco, che ha offerto al Post «di fare delle cose che di solito non faccio: parlare a lungo e di parlare di cose di cui non ho mai voluto parlare»: questa proposta è diventata un podcast-intervista condotto da Matteo Caccia del Post e prodotto insieme e grazie all’editore di Baricco, Feltrinelli.

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Stefania Cavallo

7 gennaio 2024

Che anno il 2023!

SALUTE

Un altro anno in cui con mio marito abbiamo varcato ancora le porte dell’Ospedale di Vizzolo Predabissi , sia per i suoi controlli semestrali, ma quest’anno soprattutto per un suo nuovo intervento chirurgico che malauguratamente è durato di più del previsto a causa di un incidente di percorso in sala operatoria, cosa che però e per fortuna  è stata risolta dall’ équipe medica che lo curava.

Che anno il 2023!

LAVORO

Sempre sul piano personale sono stata molto contenta del mio lavoro a scuola, con tante belle iniziative realizzate in ambito emotivo-sentimentale  soprattutto  con i  giovani, studentesse e studenti.

Bellissimo lavoro anche ai centri estivi , un bellissimo lavoro svolto, davvero!

Che anno il 2023!

SPINE

Però non tutte sono state rose , perché ho preso anche qualche spina , piuttosto ostile e dolorosa …..già, già.

Che anno il 2023!

ERRORI

Cosa ho imparato ?

E’ una bella domanda che mi pongo spesso , quasi sempre.

Un errore che mi posso imputare , in sincera autocritica, è la mia ingenuità che in effetti non mi fa vedere le persone per quello che sono, con le loro pochezze umane,  perché sono un’entusiasta come tratto caratteriale prevalente, mi entusiasma l’umanità e la bellezza della vita , cosa che però mi frega, a volte, a livello percettivo .

Per carità, mi riconosco molti difetti, ma sicuramente non quello di essere ego-riferita, né  egoista , né una fottuta bugiarda, ecco!  Per fortuna svolgo da tempo un  lavoro che mi piace e ho una famiglia che amo e che mi ama e mi aiuta, ci aiutiamo a vicenda , quindi mi sento molto risolta come donna e come persona.  Per famiglia , intendo anche quelle “sorelle di cuore” che ho avuto la fortuna di incontrare ed in particolare una cara mia amica con la quale abbiamo vissuto insieme un periodo molto difficile , sempre in questo 2023.  

Che anno il 2023!

I BUONI PROPOSITI

I miei buoni propositi per il 2024?

Continuare ad essere entusiasta per tutto ciò che farò e impegnarmi di più nel “lasciare andare” ciò che non è importante o è fuorviante per la mia crescita ed evoluzione di essere umano completo .

Mi auguro di poter  scegliere con chi condividere i miei prossimi ,  nuovi progetti e successi in ambito professionale oltre che privato.

PACE

Infine, mi auguro che la parola  Pace possa trovare concreta realizzazione nei nostri cuori e nei paesi ancora in conflitto e che si possa essere orgogliosi di essere UMANI in questo mondo.

Stefania Cavallo

29 dicembre 2023

La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…
(Gibran)

Discorso integrale del papà di Giulia Cecchettin

(dal web)

Carissimi tutti,
abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia:
ci ha travolto una tempesta terribile
e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai.
Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone
che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio.
Mi scuso per l’impossibilità di dare riscontro personalmente,
ma ancora grazie per il vostro sostegno
di cui avevamo bisogno in queste settimane terribili.
La mia riconoscenza giunga anche a tutte le forze dell’ordine,
al vescovo e ai monaci che ci ospitano al presidente della Regione Zaia e al ministro Nordio
e alle istituzioni che congiuntamente hanno aiutato la mia famiglia.

Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare.
Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare
dopo la prematura perdita della sua amata mamma.
Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma.
Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente,
un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà:
il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti.

 Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle
e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi
fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita.
Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia?
Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti:
famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione…
Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore:
insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno
e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte.
Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro.
Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale.
È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente,
a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro.
La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche.
Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.

La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli.
Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l’importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza.
La prevenzione della violenza di genere inizia nelle famiglie,
ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti. Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti.
Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.

Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo.
Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento.
La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte,
può anzi DEVE essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. Grazie a tutti per essere qui oggi:
che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita.
Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere:

“Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è,
è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente
coloro che hanno il meglio di tutto,
ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…”

Cara Giulia,
è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma.
Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme,
il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me
non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia.
Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta,
impareremo a muovere passi di danza sotto questa pioggia.
Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato.
Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano.
Io non so pregare, ma so sperare:
ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma,
voglio sperare insieme a Elena e Davide
e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti:
voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore
fecondi il terreno delle nostre vite
e voglio sperare che un giorno possa germogliare.
E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace. 

Addio Giulia, amore mio.     

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Mio contributo

Ho atteso un po’ prima di scrivere su questo fatto , in particolare di questo discorso del papà di Giulia, per pudore , per rispetto e perché “troppo” , troppo doloroso , troppo impattante sul piano personale e più collettivo.

Poi ho compreso che come insegnante, come professionista che lavora quotidianamente con e sulle parole,  dovevo parlarne ancora con le mie studentesse ed i miei  studenti , soprattutto dovevo far ascoltare loro questo discorso, queste parole di papà Gino , così precise , così dolenti, così emozionanti , così potenti e così importanti per tutti.

Le sue parole sono di un padre che si trova in una delle situazioni peggiori che possano travolgere un genitore ossia quello di perdere la propria figlia o figlio , uno dei lutti più tremendi al mondo  tanto che non esiste una definizione che nomini questo stato come invece avviene per i figli che diventano “orfani”,  e nonostante questo  papà Gino in maniera coraggiosa ha voluto esporsi e parlare per diversi minuti  nel ricordo di Giulia, rivolgendosi  durante l’onoranza funebre, in particolare agli uomini chiedendo di diventare “agenti di cambiamento” contro la violenza di genere.  

Ha parlato di responsabilità educativa cogliendo l’emergenza in questo ambito che riguarda le famiglie, la scuola ,  la società attuale e il mondo dell’informazione tutto; ci parla di ritrovare il dialogo tra genitori e figli, di comunicazione empatica e rispettosa , di ascolto profondo verso se stessi e gli altri e soprattutto di prevenzione della violenza di genere che stenta ancora e da tempo a decollare.  Già cinque donne  sono state uccise dalla morte di Giulia ad oggi.

Giulia è stata vittima di femminicidio  ( “forma estrema di violenza di genere contro le donne , prodotta dalla violazione   dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine”, definizione coniata dalla parlamentare femminista messicana Marcela Lagarde , nel 2006) , e a questo proposito papà Gino dice esattamente che la vita di sua figlia Giulia gli è  “stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi DEVE essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne” , un passaggio fondamentale del suo discorso di congedo definitivo dalla figlia , nel suo lasciarla andare .

Questo è il lascito di Giulia per tutti noi , questo è quello che mi è arrivato dalle parole di papà Gino.

La narrazione del proprio lutto non è qualcosa a cui siamo abituati , un po’ come accade per la malattia, perché lo sappiamo la nostra cultura nega la morte , così come la malattia, e allora credo che da questo punto di vista papà Gino abbia voluto rompere anche questo paradigma e tabù sociale nel farci partecipi del lascito di Giulia , di una eredità che definisce “ frutto  d’amore, di perdono e di pace” , ossia “trasformare” per iniziare la rielaborazione di diverse emozioni negative, attraverso un percorso in cui impegnarsi , creando un movimento di cambiamento reale attraverso il quale  poter superare il  dolore inconsolabile del proprio lutto e perdita.

Papà Gino ha annunciato che creerà una Associazione o Fondazione in memoria di Giulia e per dare un senso a tutto questo,  perché nulla sia stato vano e ancora dice  “che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita”.

Infine, sensibilizzare i giovani ad ampliare la propria consapevolezza rispetto al “come bisognerebbe imparare a vivere” credo sia un messaggio potentissimo del quale fare tesoro attraverso tutti gli strumenti e le leve pedagogiche a disposizione , anche da inventare nel caso ,   “senza se e senza ma”.

«Possiamo continuare a vedere le stelle morte benché esse non esistano più.

 Anzi è proprio la loro disastrosa fine a rivelarcele».

La Corrispondenza , Giuseppe Tornatore 2016

Stefania Cavallo

11 dicembre 2023

LETTERE CHE FANNO BENE AL CUORE …..DAL VALORE INESTIMABILE!

Buon pomeriggio,

Mi permetto di scrivere questa mail poiché il centro estivo si è concluso e ho avuto modo di fare le mie giuste considerazioni e penso sia importante condividere le percezioni di noi fruitori del servizio offerto.

Quest’anno è il terzo anno in cui mio figlio frequenta il centro estivo e dopo l’esperienza positiva dello scorso anno, sapendo che a coordinare le attività del centro ci sarebbe stata Stefania Cavallo, ci siamo subito iscritti senza esitazioni.

Posso riconfermare che le attività proposte sono state tutte ben pianificate e accomunate da un risvolto educativo che va ben oltre il semplice apprendimento di contenuti. Il centro ha offerto la possibilità di crescere emotivamente, migliorare l’autonomia, mantenere viva la sana curiosità verso il mondo che ci circonda; senza dimenticare l’importanza della cooperazione, dell’accoglienza e dello spirito di gruppo.

Come cittadini di Inzago ci teniamo a ringraziare pubblicamente il Comune, la cooperativa Airone e Stefania Cavallo. Noi genitori e i nostri figli abbiamo conosciuto una vera educatrice, professionale e appassionata che ha saputo creare un team di giovani educatori ed educatrici volenterosi, entusiasti e molto seri.

Il CRE di Inzago è una vera esperienza di crescita per i bambini e ci tengo veramente tanto a ringraziarvi di cuore per averci offerto anche quest’anno settimane indimenticabili: GRAZIE!

Con il sincero augurio che Stefania ci sia anche il prossimo anno, auguro a tutti voi meritate vacanze estive!

Un cordiale saluto

7 agosto 2023

(firmato da genitore di un bimbo frequentante il Centro estivo di Inzago 2023)

Insieme impariamo e miglioriamo tutti!

PREMESSA

Questa estate ho coordinato due centri estivi , prima ad Inzago e poi  a Corsico.
A consuntivo, posso dire che ci sono state tante belle soddisfazioni a fronte delle problematiche incontrate , tuttavia ritengo di esserne uscita piuttosto provata, più spesso quest’anno rispetto a l’anno precedente.

Gestire un centro estivo sul piano del suo coordinamento è sempre qualcosa di impegnativo, anche qualora si pensi ,in maniera non esaustiva, che il centro estivo comunale debba replicare la realtà dell’oratorio, realtà quest’ultima che ritengo necessaria e valida da sempre,  soprattutto per chi pensa di potersi sentire più libero,  con un concetto di “gioco continuo” e in una gestione più destrutturata.


Invece la tipologia di centro estivo che propone la cooperativa per la quale collaboro  in questi progetti, ossia l’AIRONE,  è molto strutturata , con un tema conduttore che cambia anno con anno, con delle “routine”, ripetitività o ritualità che tuttavia lasciano molto spazio anche al gioco libero e alla creatività.

I bambini che troviamo ai centri estivi sono diversi e quindi hanno bisogni diversi , per cui la difficoltà è proprio quella di cercare di far conciliare queste diverse necessità,  da quella più giocosa, a quella più sportiva e a quella più laboratoriale.
Il mio approccio è sempre stato quello di contenere un po’ tutte queste tre anime di proposta nella mia tipologia progettuale di centro estivo.

I laboratori creativi, con gli esperti dedicati , sono certamente quelli che amo maggiormente e che amo proporre alle bambine e ai bambini , e per i quali mi do sempre un gran da fare per organizzarli da noi , con la convinzione che il momento esperienziale e creativo sia molto importante ed arricchente per tutti, grandi e piccini.


Questa estate ho avuto in prevalenza  l’opportunità di crearmi il mio staff, con colleghe che conosco da tempo e che stimo per il loro approccio, per ciascuna in ambiti diversi, in un’ottica multidisciplinare e trasversale , un approccio che prediligo anche nel mio lavoro di docente a scuola.


LE ATTIVITÀ PROPOSTE


Propongo , come da progetto AIRONE, tante e diverse attività ludiche e pedagogiche che ritengo sempre molto interessanti e in cui credo fortemente.

Grazie ad un’educatrice dello Staff, esperta di YOGA ,  abbiamo potuto proporre  uno speciale laboratorio che è stato partecipato ed apprezzato dai bambini, anche per la presenza e l’uso delle campane tibetane; inoltre , sono stati proposti laboratori esperienziali come quello di preparazione di profumatori di erbe aromatiche (alcune presenti nell’orto del centro/scuola)  ed altro.

In particolare ,  desidero ricordare  le cosiddette giornate “verticali” dedicate ad un tema “extra” con forte valenza educativa.

E’ stato fondamentale riuscire a trasmettere la tematica e a renderla una giornata unica.

Un momento emozionante quest’anno è stato rappresentato dalla SFILATA MEDIOEVALE , con balli, canti e suoni che hanno ricreato magicamente  il clima dell’epoca citata.

Così come l’ultima giornata col Talent Show , lo spettacolo finale realizzato totalmente dalle bambine e dai bambini del centro alla  presenza dei genitori.

Insomma, i momenti di coinvolgimento dei genitori,  durante la preparazione di alcuni laboratori o botteghe, hanno fornito un grande supporto ed il tutto è stato condiviso in due occasioni di festa , appunto come l’Airone’s Got Talent  e la Festa finale con cui ci si è congedati dalle bambine e bambini e dalle famiglie.


RAPPORTI UMANI E IL MIO  STAFF

Nel mio  “modus operandi” nel dare senso ad una realtà com’è quella del centro estivo , un tempo leggero , piccolo e ricreativo,  è quella di coinvolgere molto le colleghe ed i colleghi che fanno parte del mio staff . La giornata inizia sempre con delle attività di stimolo,  previste e già anticipate, poi ogni educatore si attiva per gestire il suo gruppo, oppure ci possono essere anche attività più trasversali in cui in plenaria  ogni educatore collabora con l’altro per la gestione del laboratorio da svolgere, o il gioco destrutturato o il gioco strutturato da seguire ecc.
Mi piace l’attività del coordinamento,  ma non sono mai distaccata dal progetto , faccio fare , ma mi piace seguire ciò che si svolge , partecipo anche io a volte e cerco di capire come i bambini vivano ciò che proponiamo loro, in maniera molto centrata , stando sempre sul pezzo, per quello che mi è possibile.

Come educatrice “sul campo” attingo alle mie esperienze teoriche e pratiche di docenza,  consulenza e formazione in ambito socio-psico-pedagogico, oltre che al mio vissuto di genitore e di fruitore ai tempi, quando mio figlio era piccolo,  di molti centri estivi e negli anni delle numerose  attività partecipative genitoriali nei principali organismi scolastici , tuttavia nulla è mai completamente risolto o risolvibile in questo ambito,  ma ho maturato una certa autorevolezza e consapevolezza su ciò che si può fare e ciò che non è sempre possibile fare. 

Ho incontrato educatori preparati e anche non preparati , così come per i coordinatori,  e questo mi ha fatto migliorare molto anche nello strutturarmi come stile di coordinamento nei miei centri e per capire “cosa non avrei voluto essere” e che tipo di educatore/educatrice poteva riuscire ad interpretare meglio le mie indicazioni e quello che avrei voluto realizzare per il “nostro” centro estivo.

Quest’anno è stato magico con le educatrici e gli educatori che ho voluto nel mio staff , perché era sufficiente guardarsi negli occhi per capire il da farsi,  per capire al volo dove andava bene o dove qualcosa non andava . Certo c’era molto lavoro invisibile , nelle retrovie,  e molto lavoro di squadra da parte di tutti , con la volontà di aiutarsi sempre con l’obiettivo fisso,  prioritario comune di creare un ambiente piacevole, sereno e giocoso per le nostre bambine e bambini.  

Quest’anno la presenza di  educatrici competenti e molto empatiche , col supporto dei miei 3 studenti in PTCO , molto partecipativi e propositivi ,  ha consentito a mio avviso di coinvolgere i bambini DVA presenti al Centro , in attività molto inclusive, nonché in attività acquatiche in piscina ed attività di partecipazione ad alcune gite in programma. Un particolare riconoscimento ci è arrivato anche dalle mamme di questi bambini.

La presenza  di giovani  studenti in  formazione  PTCO ha creato,  al centro di Inzago,  un clima giocoso, leggero e positivo, cosa non sempre scontata. Infatti posso dire che anche per me è stata un’esperienza professionale ed umana unica.  

ALLA  FINE……

Come si può capire non tutto è rosa e fiori , nemmeno in un centro estivo per bambini della Primaria, nonostante  il clima un po’ inganni nel senso che ciò che appare e deve apparire è quella leggerezza estiva , un po’ vacanziera , a tratti emozionante o più rilassante, così tanto attesa sia dai piccoli che dai grandi.

Ritengo che alle situazioni di gratificazione che si possano verificare , e per fortuna ci sono, non bisogna però mai dimenticare , per contro, quelle situazioni di frustrazione , e per fortuna ci sono anche queste, che come coordinatrice ho vissuto e che hanno contribuito a farmi crescere professionalmente e umanamente.  

Ad esempio, il momento della tromba d’aria, che si è abbattuta questa estate nella nostra zona in Martesana, quindi anche su Inzago, ha creato una situazione decisamente nuova per me, più complicata del solito sul fronte delle decisioni che dovevo prendere a tutela  dei bambini e del mio staff , in un contesto allargato di rete con le famiglie,  cooperativa e comune.  In questi momenti ci si sente coinvolti, a volte travolti,  da un’enorme responsabilità perché si tratta di rispondere a tante famiglie , soprattutto si tratta di agire in rapidità per tutelare le bambine ed i bambini del centro estivo . Spesso ci si sente soli nelle decisioni rapide da prendere , a volte ci si sente come dei Don Chisciotte contro i mulini a vento, non nego di essermi sentita anche io un po’ così,  nonostante le mie azioni mi abbiano spesso dato ragione proprio perché ho cercato di gestire al meglio ogni situazione critica che ho affrontato insieme al mio staff.


In queste situazioni ti chiedi chi te lo faccia fare , soprattutto alla mia “giovane età “, e non sempre si sa rispondere a questo interrogativo sul quale sostare. Nel mio caso,   a volte mi chiedo se ci sia un certo desiderio implicito di scontare qualche colpa , come in una sorta di contrappasso dantesco. Credo sia per questo , forse questa potrebbe essere una spiegazione.

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio di cuore tutte le persone che a vario titolo hanno contribuito alla buona riuscita dei due centri estivi da me coordinati e citati, e  che soprattutto hanno saputo abbassarsi per innalzarsi e mettersi al livello delle bambine e dei bambini incontrati perché è grazie a loro che abbiamo potuto svolgere una delle attività più belle al mondo, ossia quella educativa, propedeutica  ed evolutiva del “gioco”quale diritto inalienabile e inviolabile per ogni bambino nel mondo.

28 settembre 2023

Stefania Cavallo

 

Ecco il mio incontro  con la maestra Anna Giglio di Inzago, oggi maestra in pensione.

Il nostro incontro è accaduto per caso , anche se non credo alle casualità, e proprio svolgendo il mio lavoro di coordinatrice al centro estivo comunale di Inzago, mentre era in corso il nuovo laboratorio di ortoterapia , con Daniela Lombardo inzaghese ed esperta in questo ambito, organizzato per le bambine ed i bambini del centro.

Così ho pensato di  invitare Anna da noi al centro estivo perché raccontasse il suo amore per gli scoiattoli che spesso si trovano proprio in questo luogo, all’interno della scuola che ci ha ospitato anche quest’anno.

Anna è dolcissima e ci ha trasmesso emozioni importanti sia per i bambini che per noi adulti attraverso i suoi racconti e ricordi anche quello sul marito che ha appena perso , in maniera improvvisa . L’ho ascoltata parlare del suo amato marito , accogliendo il suo dolore immenso e insieme ci siamo promesse un po’ di cose come quella di scrivere un mio contributo con delle foto che in sequenza lei mi ha inviato e sono alcune piccole azioni che ha fatto nel ricordo del marito Oscar , anche su mio consiglio perché chi ci lascia , resta sempre con noi in realtà e il suo lascito spesso rimane in pochi e semplici gesti che possiamo fare per mantenere vivo il suo ricordo e presenza nel nostro cuore. Con lei ci siamo ripromesse di restare in contatto e mi sono offerta di aiutarla nell’ elaborare il suo lutto  , perché nominare il dolore, dare cittadinanza al dolore attraverso la sua narrazione, diventa il primo passo che restituisce dignità anche alla persona dolente.

Nelle foto, solo alcune qui riportate, Anna sta parlando ai bambini e alle bambine catturando la loro attenzione con una lettura di un libro breve e la storia di una bambina dal nome Matilde, una bambina che spesso la mamma doveva chiamare più volte  perché non la ascoltava , insomma una bimba molto simile ai nostri bimbi del centro estivo.

Si vede un pallone a forma di anguria che ci ha regalato, e ci dice che al marito piaceva molto questo frutto e in qualche modo così con questo gesto era come se anche il marito fosse lì con noi. Infine, si può vedere una foto con lo scoiattolo, altre foto con l’acqua e il cibo per questi dolcissimi animaletti, così come la bacinella d’acqua per i cani che Anna ha chiesto, in comune al Sindaco di Inzago, di poter mettere di fronte a casa sua perché d’estate fa molto caldo e gli animali hanno necessità di poter bere e poter trovare un po’ di sollievo. Questo lo avrebbe voluto anche Oscar.

Alla fine , Anna mi ha inviato ancora da wathsapp  una sua sequenza di foto che mi ha spiegato averle create dopo aver parlato con me , in particolare per mantenere vivo il ricordo del marito attraverso piccoli gesti che costituivano la loro quotidianità .

Quattro foto che raccontano il momento della colazione insieme ad Oscar, ad esempio nella foto che raffigura degli oggetti posizionati sulla cucina con la zuccheriera gialla a cui tiene molto , poi la foto con San Francesco di Paola, santo molto amato da entrambi, ancora  il momento del thè a cui Oscar teneva molto , infine la foto con l’immagine di Milano,  città che ha accolto Anna all’inizio della sua vita al nord in quanto è di origine calabrese,  e l’ultima foto in cui si vede una cicala che è entrata nella finestra della casa di Anna, nella stanza in cui svolge le sue preghiere del mattino, perché Anna è molto credente.

Immagini che evocano momenti molto cari per Anna e le fanno bene al cuore.

Alla fine abbiamo salutato Anna , alcuni bimbi la ricordavano perché maestra in quella stessa scuola e l’abbiamo ringraziata per averci donato un pezzo della sua storia , della sua vita col suo amore per l’insegnamento , per gli animali e le persone e per l’amore per suo marito.

Felice di questo incontro ❤

Stefania Cavallo

8 agosto 2023

Recensione tratta dal mio libro

MAL DI SCUOLA . FILMOGRAFIA SUL MONDO DELLA SCUOLA E PER LA SCUOLA, La sapienza Editrice Roma , 2016

In una scuola di Montreal, gli alunni di una classe elementare subiscono il lutto della loro maestra che si impicca in classe. Dopo pochi giorni si presenta Bachir Lazhar per sostituire la maestra che nessuno vuole sostituire; lui ha 55 anni ed è di origine algerina. La classe lo riceve con diffidenza anche perché Bachir sembra un maestro severo ed esigente. Nessuno conosce il suo passato e l’uomo appare a tutti discreto e timido.

In realtà Bachir ha un passato doloroso, la sua famiglia è stata uccisa dagli estremisti algerini perché la moglie, maestra di scuola elementare, ha scritto un libro contro il regime.

Bachir, quindi, è scappato dall’Algeria e sta cercando di ottenere il permesso di soggiorno come rifugiato politico. Non ha mai lavorato come maestro, malgrado abbia dichiarato alla preside della sua scuola di aver insegnato in Algeria per 19 anni. Mentre la causa per il permesso di soggiorno si protrae Bachir può insegnare e riesce a costruire un delicato e precario rapporto con gli alunni che non riescono ad elaborare completamente il lutto. In particolare due bambini che avevano un forte e particolare rapporto con la maestra suicida. Una bambina intelligente e profonda che cerca di costruire un rapporto di affetto con il suo insegnate perché ne capisce l’umanità e sa che con lui può capire fino in fondo l’insensatezza della morte.

L’altro bambino, invece, lo contrasta perché si sente responsabile della morte della sua maestra: la sera prima del suo suicidio l’aveva respinta mentre lei voleva abbracciarlo. I loro legami e gli equilibri spezzati a causa dei due lutti sono un modo per ricomporre e riequilibrare le loro vite. Per questo i due bimbi litigano e poi si ritrovano e Bachir, mentre ottiene la cittadinanza e insegna con un po’ di difficoltà il programma scolastico, conquista il loro affetto. I loro lutti li conducono verso un nuovo rapporto con la vita.

Alcuni genitori scoprono che Bachir ha un permesso di soggiorno provvisorio e la preside è costretta a licenziarlo. Prima di andarsene tiene l’ultima lezione in cui legge una favola che ha scritto per i suoi alunni. La trama racconta come l’amore per la vita trasforma qualsiasi esperienza con la morte.

Monsieur Lazhar è un film del 2011 che è stato distribuito in Italia alla fine dell’estate del 2012. Ha ricevuto moltissimi premi affermandosi in diversi paesi per la semplicità della sua trama che riesce a raccontare senza retorica il lutto e la sua elaborazione. Sono delicati i fili narrativi che il regista e sceneggiatore, Philippe Falardeau, utilizza per strutturare un rapporto fra un professore e i suoi alunni,  colpiti da due lutti diversi e che per questo si cercano e si respingono per reinnamorarsi della vita. (http://cultura.biografieonline.it)

Ecco di seguito la bella  favola che  l’insegnante  –Monsieur Lazhar  ha scritto per i suoi alunni :

La fiaba  “L’albero e la crisalide”  di Bachir Lazhar:

Non c’è niente da dire di fronte a una morte ingiusta. Niente che aiuti. Non serve cercare una spiegazione. Sul ramo di un albero di ulivo se ne stava sospesa una piccola crisalide color verde smeraldo, “domani sarà una bella farfalla libera dal suo bozzolo”, pensò l’albero che aveva gioito ogni giorno nel vederla  crescere, ma nel suo cuore il desiderio di tenerla ancora un po’ con sé era forte. “Così si ricorderà di me”  pensava . L’aveva protetta dal vento, l’aveva salvata dalle formiche, pur sapendo che molto presto lo  avrebbe lasciato per affrontare da sola  predatori e  intemperie. Quella notte un terribile incendio  devastò la foresta e la crisalide non divenne mai farfalla. All’alba il fuoco si spense, l’albero era ancora in piedi, vivo, ma  il suo cuore era diventato di cenere, distrutto  dalle fiamme, consumato  dal   lutto. Da quella notte quando un uccellino si posa sui suoi rami, l’albero gli racconta  della crisalide che non fu  mai farfalla e la  immagina  con le ali  spiegate, fluttuare nell’azzurro del cielo senza nuvole, ebbra di zucchero e libertà, testimone silenziosa e lieve  delle nostre storie d’amore.

(mia trascrizione della traduzione in italiano , come dal link, dell’epilogo del  film :  https://www.youtube.com/watch?v=G6xtQ_7quhs)

 Il senso di questa pellicola  ci dice  che  l’incontro con  dei buoni maestri  ci fa sentire più fortunati e testimonia  l’aver fatto la strada in buona compagnia , affrontando  la solitudine  e  i distacchi,  ciò che  procura  dolore e   gioia , con l’energia  della speranza, con il cuore e la  mente aperti e pronti  ai consigli  e  al sapere.

Vi è certamente la questione del suicidio  (della maestra) , così come quella dell’esilio che attraversano la vita della classe e della scuola oltre che della società , in continuità e senza sosta , tanto da far riflettere su come la scuola possa  essere vissuto  come  luogo di amicizia, di lavoro, di tolleranza e di vita.

La comunicazione, le parole  sono uno strumento per superare  il dolore e il lutto, sono le parole che ci aiutano a nominare il mondo , a conoscerlo e a comprenderlo.

Un’altra questione su cui mi sono trovata spesso a riflettere e che la pellicola fa emergere è  l’interrogativo se  basti un diploma per essere insegnante è evidente che  l’esperienza  ci insegni  che non sempre sia così  e  il film di Falardeau  attraverso le sue immagini e la figura dell’esiliato- maestro algerino  alias  l’attore e scrittore Mohamed Fellag ci dà  conferma di come  l’insegnamento e l’apprendimento , così come  l’emigrazione per  Lazhar,  siano  un’ avventura umana che bisogna vivere nel tempo ,  come la  nostra  vita   .

Link del trailer del film in italiano: https://www.youtube.com/watch?v=t8AAYKw27p4

Link dell’epilogo del film : https://www.youtube.com/watch?v=G6xtQ_7quhs      

Da questo   mi collego  ad un ricordo di qualche anno fa  e più precisamente  al   caso della morte di Andrea  di Truccazzano – Milano  , età nove anni e  caso di suicidio ,  sembra  a seguito  di  una nota scolastica data a fine anno scolastico ; scrivevo che   l’unirsi ad un gruppo di mutuo-aiuto che vive e ha vissuto una tragedia simile può sollevare emotivamente i nostri  genitori  ed aiutarli ad elaborare meglio e nel tempo questo evento .

L’esperienza insegna che incontrare altre persone nella stessa condizione significa porsi in ascolto della propria e altrui storia, superare il senso di vuoto e di isolamento, confrontarsi con altre esperienze e scambiarsi informazioni a tutto vantaggio del recupero del proprio benessere .

Scrivevo questo alcuni  anni fa  per  i  funerali   del piccolo  Andrea di Truccazzano :   

I funerali dei bambini   (16 giugno 2009)

Martedì 16 giugno   si sono svolti nella Chiesa di Truccazzano i funerali del piccolo Andrea .

Alle h 14,00 la Chiesa era già quasi gremita di persone che non volevano mancare a questo importante appuntamento , ma soprattutto c’erano tanti bambini tra cui i compagni di scuola di Andrea e tutti gli alunni della scuola che aveva frequentato .

L’attesa con l’entrata della piccola bara , alle 14, 45 circa, con i genitori e tutti parenti stretti è stato un momento di grande commozione generalizzata con molte persone che piangevano ininterrottamente , grandi e piccini e molte donne , mamme che si sono unite al dolore straziante della mamma Raffaella .

I bambini riescono sempre a mobilitare gli adulti, consentendo agli stessi di mettersi sempre in discussione , genitori ed educatori ; anche i funerali dei bambini sono speciali,  sono dei funerali diversi dagli altri , c’è molta più commozione , più identificazione , più sofferenza perché sembra impossibile , innaturale che un bambino possa smettere di vivere e non possa più allietarci con la sua concreta e quotidiana presenza .

Questo funerale è stato dolorosamente e allo stesso modo il “funerale delle mamme” , e lo dico anche come mamma di un bimbo di 7 anni , in quanto è quasi impossibile estraniarsi dall’emozione di condivisone di una tale sofferenza e il compito delle madri sappiamo è molto impegnativo e spesso “invisibile” ma fondamentale perché sa elaborare , anche se con fatica e nel tempo,  tali ferite che resteranno per sempre , ma in maniera virtuosa le madri sanno trasformare il dolore in compassione e amore verso gli altri e le altre cause .

Murale in onore e ricordo di Pio La torre e Rosario Di Salvo

Pio La Torre e Rosario Di Salvo , figure coraggiose e memorabili nella lotta alla Mafia a Palermo , colpiti a morte per mano di killer della Mafia il 30 maggio 1982 . Ricordarli sempre , insieme alle numerose vittime della Mafia, è un dovere morale per tutti noi così come ricordare un periodo molto buio che ha travolto Palermo e i Palermitani. Sono argomenti molto impegnativi e proprio per questo bisogna raccontarli ai giovani perché non si può essere indifferenti a questi fatti della nostra storia.

Un grazie di cuore agli amici di Palermo Sergio Infuso e Cristina Deleo che sono impegnati ed instancabili su questo fronte , con la loro splendida e contagiosa militanza civile.

Ringrazio di cuore anche il Prof. Danilo Romeo e il Prof. Diego Berani della direzione didattica della mia scuola l’Istituto Tommaso Campanella di Cernusco sul Naviglio (MI) che hanno voluto partecipare a questo evento col coinvolgimento della sottoscritta e degli studenti del Biennio e della Terza Liceo.

L’arte , veicolo di memoria.

L’arte come veicolo della memoria. Oggi nel Giardino di via Nazario Sauro, luogo simbolo per la comunità scolastica del quartiere Noce, le alunne e gli alunni della rete di scuole “Rosa Noce”, le associazioni e le Istituzioni cittadine hanno presentato alla città la nuova opera muraria dell’artista Igor Scalisi Palminteri pittura, “Costruttori di giustizia Sociale” dedicata a Pio La Torre e Rosario Di Salvo, il segretario Regionale della CGIL e del PCI e l’attivista uccisi dalla mafia 41 anni fa.

La giornata si inserisce in un percorso di promozione della cultura antimafia e della cittadinanza attiva che ogni anno coinvolge numerose scuole cittadine e che culmina nel giorno delle celebrazioni in ricordo di La Torre e Di Salvo.

Il dipinto è stato realizzato nell’ambito delle azioni dell’Asse 1 (Noce, Zisa, Danisinni) del progetto #TraiettorieUrbane selezionato da Impresa Sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e cofinanziato da Fondazione EOS – Edison Orizzonte Sociale.

Video parziale della celebrazione del 27 maggio 23 : https://www.facebook.com/deamicispa/videos/234591369248464

Fonti:

Foto Maghweb

https://www.facebook.com/lanocepalermo?cft[0]=AZVKJiAUdtsWqBaFgpjb0BDbZcEazR3Aqw-SbRADzA-carP5PeVL7SSenB3bBLQ3FqDA-qH3jRdcV6NMAiB6i0A7wSYaVyQ_-GP66MZFAMcEQIh4WS1luE3HgCpPMnyIsoDc4vOVAa-yNm5dPkcqZkxnCmMYffdK8qK96uqL0s4qOvEyFpMz_y0if0veCVkgdkCCopKAQiBTx7eJgSDNTsfC&tn=-UC%2CP-y-R

Stefania Cavallo

28 aprile 2023

Non sempre c’è una risposta , un giusto o uno sbagliato , quando non si vuole giudicare ma solo capire.

Raccontare il carcere vuol dire guardare alle fragilità, a quella parte oscura che ci riguarda da vicino più di quanto pensiamo, una problematica di cui non ci si occupa in maniera preventiva ma solo quando diventa oggetto di cronaca quotidiana.

Ieri pomeriggio ho avuto modo di incontrare questo splendido attore Vincenzo Ferrera , il mitico educatore Beppe e padre di Kubra in Mare fuori , la nota serie di successo della RAI.

L’incontro con gli educatori “reali” di Art. 3 presenti e che lavorano con i detenuti del carcere di Bollate e l’educatore/attore della fiction mi è piaciuto molto , perché il ruolo di Beppe nella serie , anche se a volte si può considerare un po’ al limite rispetto alla realtà, comunque esprime l’importanza della relazione sempre presente con i ragazzi detenuti nell’IPM di Nisida . Interessante anche quando Ferrera ha detto che i detenuti delle carceri e degli IPM nazionali hanno apprezzato molto questa serie, al di là di ogni aspettativa. Da non sottovalutare anche il fatto che nella serie non si giudica chi ha sbagliato , ma si tenta solo di capire la sua storia, un approccio narrativo che in qualche modo cerca di capovolgere il paradigma che collega inesorabilmente il condannato alla ulteriore condanna dello stigma sociale.

Credo che l’evento di ieri abbia fatto ben comprendere che una fiction ben fatta su questioni così importanti e sociali probabilmente può far riflettere meglio sulla realtà che spesso non vogliamo vedere perché scomoda e che riteniamo, a torto considerata distante da noi, come il carcere. Il prima e il dopo di quello che accade ai ragazzi protagonisti della serie , come è stato ricordato ieri , è certamente un elemento coinvolgente nella narrazione per il giovane pubblico , così come molti genitori hanno apprezzato questa serie perché spiega bene ai loro figli il fatto che ogni azione ha delle conseguenze , quasi una sorta di delega educativa.

Come ci racconta il bravo attore, i ragazzi che lo incontrano lo chiamano “Beppe” , insomma promosso “educatore ad honorem” sul campo!!!

Bravissimi, Vincenzo Ferrera e Clara Soccini, la giovane attrice/la cantante della serie, che si sono confrontati con gli altri ospiti , detenuti ed educatori del carcere di Bollate, in maniera serena e partecipata alle diverse storie e testimonianze.

Chapeau!

Già pronta per Mare fuori 4 ……..

P.S .

In questa serie i temi trattati sono relativi a questioni umane e sociali piuttosto scomode che impattano nella coscienza di ognuno di noi e ci interrogano nell’ intimo a volte lasciandoci sconsolati e senza una risposta , perché non sempre c’è una risposta , un giusto o uno sbagliato , quando non si vuole giudicare ma solo capire , o meglio quando si tenta di capire “l’imprevedibile” della nostra vita.

Video con Paola Pannicelli , produttrice della Serie Mare Fuori: https://www.facebook.com/stefania.cavallo.127/videos/1401865033689516

Video con la testimonianza di Matteo , detenuto del carcere di Bollate : https://www.facebook.com/stefania.cavallo.127/videos/914940599834881

Stefania Cavallo

28 aprile 2023